I feedback dei partecipanti WoGa

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Mentre le squadre italiane di WoGa erano impegnate a completare le
ultime sfide, InEuropa le ha contattate una per una per conoscere
direttamente i partecipanti e raccogliere le loro impressioni (e quelle degli
insegnanti che li hanno guidati) sul progetto.
Di seguito potete trovare alcune delle testimonianze raccolte durante le
chiamate, organizzate su Zoom per motivi logisitici (Covid e lontananza
geografica delle squadre).

Le testimonianze delle ragazze e dei ragazzi

Sto trovando il progetto molto interessante: affronta un argomento che
non si tratta nel programma delle medie. Ho scoperto cose sorprendenti
(per esempio: la macchina fotografica della Canon è stata inventata da
una donna!), infatti man mano che imparavo raccontavo le mie scoperte
ai miei genitori. Non sapevano niente neanche loro!

Nella nostra classe ci sono molti maschi: le ragazze erano più timide, noi
ragazzi tendiamo a intervenire molto di più. Per esempio, tutti i leader
delle squadre sono maschi, ma è colpa della timidezza. Devo dire che
comunque hanno partecipato più attivamente. Una delle ragazze pià
timide ha fatto sentire la propria voce.

Abbiamo avuto l’opportunità di avere un riscontro diretto con la
scienziata. Sentivamo tutto più possibile.

Cosa ci portiamo a casa? La consapevolezza che le donne non sono più
deboli degli uomini. L’incoraggiamento a non rimanere nell’ombra e farci
valere, non facendoci silenziare. Ne abbiamo parlato anche con la
ricercatrice.

Molto bella l’intervista con l’astrofisica: avevo già visto il film Interstellar e
ne ho approfittato per farle delle domande sulla fisica legata al film. Mi
sono appassionato e ora sono motivato a studiare per diventare
astrofisico, anche se ho una carriera da musicista.

Il lavoro delle donne che abbiamo studiato è stato fonte di ispirazione:
vivevano in un’epoca molto ostile ma ce l’hanno comunque fatta. Questo
dà speranza anche a noi.

Sicuramente è un progetto atipico rispetto a quelli che si fanno a scuola.
Diverso perché è focalizzato sul tema delle donne nella scienza. Anche se
è stato anche faticoso, perché oltre al progetto dobbiamo pensare allo
studio. Diamo priorità allo studio ma cerchiamo di far sposare le due cose.

Non si parla tanto di scienza al linguistico! WoGa è un progetto
interessante perché mette insieme una tematica importante come il
femminismo con un argomento di cui non sentiamo tanto parlare perché
siamo lontani dall’ambito scientifico. Tutto questo, poi, spiegato da una
scienziata giovane che ha avuto anche esperienze all’estero. Molto
stimolante.

Nel lavoro di squadra siamo stati una macchina da guerra, dividendoci le
parti sulla base delle specialità e di ciò che sapevamo fare meglio. La sfida
più interessante è stata l’intervista, perché la donna intervistata è
un’astrofisica che ha frequentato il nostro liceo. Dopo ha intrapreso la
carriera scientifica: nonostante siamo al classico, facciamo il
potenziamento in matematica e veniamo indirizzati anche alle facoltà
scientifiche. Ora sappiamo che è possibile e si può anche riuscire bene.

Ho scoperto nuovi programmi con cui lavorare, per esempio Genially l’ho
conosciuto tramite WoGa. Abbiamo sperimentato molto: abbiamo acquisito nuove conoscenze informatiche, oltre a quelle relative alla storia della scienza. Abbiamo sperimentato anche con il 3D!

Sono rimasto molto colpito dal fatto che la scienziata ci abbia detto che
spesso quando una scienziata inizia a lavorare deve rinunciare alla
famiglia. A un uomo non viene richiesto di rinunciare a nulla.

Abbiamo smentito il cliché della donna scienziata che studia al liceo
scientifico se vuole diventare scienziata.

Un’esperienza molto formativa. La nostra scienziata è un’ecologa marina:
ci ha raccontato che i pescatori per scaramanzia non volevano farla salire
sulla nave.

Io ci tenevo tanto a partecipare a WoGa perché vorrei fare la scienziata e
ho avuto modo di avere un contatto diretto con il futuro. Grazie per
questa bella esperienza, mi ha permesso di esplorare nuovi mondi.

Noi venivamo tutti da scuole medie diverse, e non abbiamo mai amato
tanto il lavoro di gruppo. Ma stavolta è stato bello. Abbiamo lavorato
tutti, non c’era come al solito uno che lavorava anche per gli altri. Ognuno
faceva del suo meglio e ognuno aveva la sua parte.

La creazione del video è stata la parte più bella: non avevo mai fatto o
montato un video. Molto bello imparare una cosa nuova anche dal punto
di vista dei programmi, e trovarsi in presenza per farlo insieme. Anche la
prima sfida è stata bella (timeline): non avevamo mai fatto una ricerca di
questo tipo alle elementari né alle medie.

Ho scoperto che Marie Curie ha lavorato anche nelle nostre zone (vicino a
casa mia)!

Il progetto è stato molto interessante perché abbiamo avuto modo di
vedere i campi della scienza da un punto di vista differente. Noi pensiamo
alle scienze come qualcosa di astratto, invece sono concrete: vedere che
tante donne si sono battute davvero per raggiungere degli obiettivi.
Abbiamo lavorato su campi della scienza molto diversi. Questo è stato il
collante del nostro lavoro.

Io vorrei fare medicina. Il progetto mi ha toccato molto da vicino perché è
incoraggiante che le donne possano fare tutto e arrivare agli stessi livelli
degli uomini, anche se fa rabbia perché dovrebbe essere così
naturalmente. Mi ha incoraggiato nella mia decisione.

Alcune parole che descrivono il progetto secondo noi: speranza (nella
parità), forza, determinazione, interessante, unione, formazione,
intraprendenza, costruttivo, illuminante, coraggio.

Abbiamo messo in luce delle zone d’ombra che non meritavano di stare in
disparte e rimanere nell’oscurità. Tutte le donne che proprio in quanto
donne rimanevano nell’oblio.

Io vorrei ringraziare per l’attività sia InEuropa che il professore che spesso
ci coinvolge in questi progetti. Secondo me è il modo migliore di fare
arrivare e a tutti un messaggio così importante.

Abbiamo intervistato una scienziata che ha lavorato in Antartide: sta
svolgendo delle ricerche molto importanti sul cambiamento climatico.
Entrare nella sua vita, rapportarsi con il suo lavoro e scoprire qualcosa di
più sul suo percorso personale è stato molto bello.

Ho cercato di far sentire che c’ero: all’inizio ero più timida, poi ho cercato
di farmi sentire e mostrare le mie opinioni.

Ho scoperto tre lavori che non sapevo esistessero. Sentivo spesso parlare
del problema del gap di retribuzione tra uomini e donne: la scienziata
intervistata dice che quando partecipa a una riunione tutti stanno a
sentire gli uomini, mentre quando interviene lei sembra che tutti pensino
che stia per dire qualcosa di stupido.

Le storie delle scienziate sono di grande ispirazione per le ragazze, per le
difficoltà e pregiudizi che hanno dovuto affrontare, scavalcare gli uomini
che non credevano in loro.

Ho conosciuto molte persone nuove: all’interno della squadra, non
facevamo tutti parte della stessa classe, siamo state mischiate.

La prima sfida è stata la mia preferita: mi ha dato un’infarinatura
completa sul processo di evoluzione del ruolo della donna e delle sue
capacità che è arrivata poi con il tempo a esprimere pienamente. A scuola
trattiamo l’argomento solo alcune volte: questa è stata un’occasione con
cui abbiamo potuto approfondirlo esplicitamente. Siamo pochi ragazzi in
una classe di sole ragazze: credo che sia un argomento necessario su cui
dobbiamo essere informati noi in primis.

La sfida più interessante è stata l’intervista: abbiamo intervistato una
scienziata molto giovane che ha fatto il liceo linguistico ed è una
scienziata. Abbiamo capito che ci sono possibilità di carriera anche per chi
non fa lo scientifico.

Devo dire che è stato soddisfacente anche per l’intervistata: ha sentito
quanto il suo lavoro fosse interessante e importante. Abbiamo dato
importanza al lavoro individuale delle scienziate, rendendo loro giustizia.

Abbiamo avuto la possibilità di conoscerci meglio anche come gruppo:
con il COVID non abbiamo avuto molte occasioni di socializzazione. Grazie
al lavoro di squadra si sono create anche amicizie nuove.

Abbiamo una classe a prevalenza maschile: solo 5 ragazze su 29 alunni. La
scelta della classe da coinvolgere è stata legata anche a questo aspetto.
Non vanno educate solo le ragazze ma anche i ragazzi: a saper accettare
la presenza femminile, anche in ambiti non attesi. Per equilibrare,
abbiamo nominato come leader delle squadre una ragazza.

Bella l’idea di studiare il lavoro delle donne scienziate: io amo molto le
scienze, infatti ho deciso di iscrivermi allo scientifico. Il progetto ha
contribuito a farmi prendere la decisione.

Le scienziate sembrano divinità, persone irraggiungibili. Invece la
scienziata che abbiamo intervistato è molto alla mano ed estroversa. Non
ci si sente inferiori o giudicati, quando si parla con lei. Era molto felice di
parlare con noi e vedersi coinvolta nella vita dei liceali che per la prima
volta parlano con scienziate. Se non avesse avuto impegni, avremmo
passato un pomeriggio intero a parlare di varie cose.

I nostri libri di testo non riportano riferimenti a donne. Solo cenni ad
alcune scienziate. E prevalentemente scoperte maschili.

Mi sono appassionata tantissimo all’intervista. Mi piace parlare e sapere
qualcosa di più degli ambiti scientifici. La scienziata mi ha colpito perché
da piccola voleva fare la cardiochirurga, io vorrei occuparmi di
cardiologia, e quindi ho sentito subito affinità. Tre elementi dell’intervista
che vorrei portarmi dietro durante la mia carriera: seguire i miei sogni
(l’hanno detto tutte le scienziate), non bisogna ascoltare il giudizio degli
altri, avere un punto di riferimento superiore da raggiungere.

La nostra esperienza in alcune parole: accrescimento, collaborazione,
organizzazione, interesse, ispirazione.

Non mi aspettavo che mi sarebbe piaciuta così tanto l’intervista alla
scienziata: era davvero molto disponibile. Non ha solo risposto alle
domande ma ci ha motivato sulla vita, è stato quasi un incontro filosofico.
Ho trovato molto stimolante il confronto con una persona che ci dimostra
che se si ha una passione la si deve perseguire e alla fine si può riuscire a
fare quello che si vuole. Mi è piaciuto soprattutto quando le abbiamo
chiesto: secondo lei la ricerca è donna? E lei ha risposto senza esitare:
assolutamente sì.

L’incontro con la ricercatrice mi ha colpito molto perché ci ha parlato dei
percorsi di studi di oggi. Ha citato la facoltà di ingegneria con le
nanotecnologie. Io non ci avevo mai pensato prima, non l’avrei di certo
presa in considerazione. Ma da come me l’ha presentato lei, mi ha fatto
interessare molto all’argomento. La ricercatrice ha anche spiegato che
ora il modo di educare le ragazze è cambiato ed è più vicino a come mi
sento di voler essere.

Per gli adolescenti di oggi è stato un periodo particolare, tra il COVID e la
guerra, ma questi ultimi anni sono stati importanti perché ci hanno
indirizzato verso una maggiore sensibilità nei confronti della parità di
genere. Per questo il progetto è importante, perché va nella stessa
direzione e ci permette di approfondire.

Lavorare in gruppo è stato uno degli aspetti che mi è piaciuto di più.
Iniziavamo con un brainstorming per confrontarci tra noi. Le donne che
abbiamo studiato sono state tutte scelte con un motivo specifico. Uno
degli aspetti che ci hanno colpito di più è stato il fatto che le donne
dovessero fingere di esser uomini, o quanto fossero rilevanti le loro
condizioni sociali (non avevano la possibilità economica di studiare).

Ha cambiato anche la visione di noi uomini: se pensiamo al momento in
cui ci troveremo davanti a una situazione di questo tipo, sapremo come
dovremo (e non dovremo) reagire.

Non mi sono fermata a cercare notizie su internet. Ero così entusiasta che
ne ho parlato in famiglia, ho comprato anche diversi libri per
approfondire la tematica.

Alcuni feedback dai docenti

Nella nostra scuola abbiamo iniziato lo scorso anno con una challenge per
la festa della donna. Spesso mi propongo con un tipo di didattica
differente alla classe, organizzo delle challenges interne. Lo faccio perché
in determinate occasioni, come il vostro progetto, vengono fuori gli
aspetti nascosti dei ragazzi, che vanno valutati nel contesto della loro
crescita, anche se spesso ci si limita solo alle conoscenze relative alle
diverse discipline. Invece, è sempre una questione di maturazione. Sono
orgoglioso di quello che i miei alunni sono riusciti a fare. La nostra
dirigente, giovanissima, è di prima nomina. Siamo riusciti a far diventare
la parità di genere qualcosa che fa parte del nostro curriculum. È
diventato parte integrante del piano di studi!

I ragazzi hanno trovato un po’ difficile integrare le sfide con i compiti delle
altre materie, perché hanno preso l’attività come extrascolastica. Questo
è stato un bene perché non l’hanno considerato un compito in cui
dovevano ricevere un voto.

Noi abbiamo fatto un percorso prima di fare la timeline: un elenco di
tutte le scienziate che riuscivamo a trovare. Di ognuna abbiamo visto il
periodo, cosa studiava, le sue caratteristiche specifiche e delle curiosità.
Abbiamo parlato molto anche della difficoltà di studiare e affermarsi nel
mondo scientifico. Abbiamo fatto un lavoro introduttivo corposo, non
richiesto, ma volevamo entrare completamente nel tema.

La tematica del lavoro delle donne nell’ambito scientifico io l’ho sempre
abbracciata. Ho vissuto fino al 2001 di ricerca e conosco le difficoltà delle
colleghe in ambito accademico. Anche a livello internazionale, ci si deve
scontrare con delle realtà molto chiuse soprattutto per quelle discipline
che invece dovrebbero essere aperte (perché l’intelligenza non è uomo
né donna). Mi ha colpito sempre. A parità di scoperta, un uomo viene
considerato e una donna no. Quando ero ricercatore, le mie colleghe
donne dicevano le stesse cose che dicevo io e non riuscivano ad ottenere
la stessa attenzione.

I ragazzi hanno iniziato la prima media con il lockdown e non hanno avuto
molta possibilità di lavorare insieme. Era la prima volta in cui si interagiva
per lavorare a un progetto comune, anche se tramite whatsapp con i
compagni. Il progetto è stato utile anche per questo.

Io ero una ricercatrice. Ero un cosiddetto “topo da laboratorio”, ho
interrotto per insegnare. Ora, tramite la mia materia (Tecnologia) cerco di
passare questa mia esperienza ai miei alunni.

Credo che sarebbe stato bello poter fare un’intervista più laboratoriale,
vedere le scienziate all’opera.