Un manichino per i crash test che rappresenti davvero le donne e contrasti il gender data gap sugli incidenti automobilistici

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Nel suo libro Invisibili, la scrittrice Caroline Criado Perez denuncia un fenomeno particolarmente diffuso e importante: la mancanza di dati di genere o meglio l’utilizzo di dati basati esclusivamente sugli uomini per la progettazione di spazi, servizi e oggetti di cui ci serviamo ogni giorno.

Non raccogliere dati sulle donne equivale per la scrittrice ad invisibilizzarle (da cui il titolo del suo saggio) in molti ambiti e settori del vivere umano. Tra questi rientra il settore automobilistico e dell’infortunistica stradale.

Se è vero che dalle statistiche emerge che gli uomini hanno più probabilità di essere coinvolti in un incidente d’auto, è anche vero che, quando c’è a bordo una donna, quest’ultima avrebbe il 17% di possibilità in più di morire nello scontro, il 47% di probabilità in più di uscirne gravemente ferita, il 71% in più di riportare ferite meno gravi.

Come si spiegano questi dati? Sono diversi i fattori che incidono, ma alla base di tutti vi è appunto la mancanza di studi della relazione donna-automobile.

Innanzitutto, le macchine sono spesso disegnate sulla base di un utente medio uomo. Questo fa sì che per guidare le donne debbano assumere una posizione “anomala” (stare sedute più avanti sul sedile per arrivare ai pedali, tenere la schiena molto dritta per avere una corretta visuale). Assumere tale postura tuttavia aumenta il rischio di lesioni interne e alle gambe in caso di incidenti.

Ancora, nei crash test effettuati per valutare la sicurezza delle automobili, storicamente si sono utilizzati manichini con caratteristiche simili a quelle del maschio medio: il modello più utilizzato ha una statura di 1,77 metri e pesa 76 chili, dunque è più alto e pesante della media delle donne. Anche la massa muscolare la spina dorsale riproducono la fisiologia maschile.

Nel tempo sono stati introdotti anche fantocci femminili che tuttavia generalmente non riproducono le peculiarità della morfologia femminile interna ed esterna (come la ridotta muscolatura cervicale, la diversa densità ossea, la struttura di petto e addome), ma sono soltanto delle riproduzioni in scala ridotta di quelli maschili.

Di questo aspetto parlano anche Maria Kuhn, politologa e psicologa della Columbia University e Hana Schank, direttrice di un programma per la tecnologia al servizio del pubblico interesse per New America, che hanno in prima persona vissuto degli incidenti automobilistici, in cui loro stesse e le altre donne coinvolte hanno sofferto i danni più importanti. Le due donne denunciano come negli USA, nel 2019 10.420 donne sono morte in incidenti stradali e oltre un milione sono rimaste ferite.

Le donne inoltre, tendono a guidare auto più piccole e leggere, mentre sul mercato continuano ad arrivare mezzi sempre più grossi e, quindi, letali (il pick-up F Series della Ford, campione di vendite negli Usa per 24 anni filati, pesa più di due tonnellate e mezza).

Eppure è dagli anni’80 che in America esistono studi e raccomandazioni sull’utilizzo di manichini che riproducano realisticamente il corpo femminile. I fondi tuttavia sono stati tagliati e da allora non vi sono stati sostanziali cambiamenti.

Di recente nell’Invest in America Act è stata finalmente introdotta una norma che prevede nuove regole per i manichini dei crash test. In Europa l’NCAP, l’Ente europeo che si occupa di stilare le graduatorie di sicurezza sulle auto impiega fantocci femmina, non sempre però basato su dati completi.

Ecco perché Astrid Linder, Direttrice della ricerca sulla sicurezza del traffico presso l’Istituto nazionale svedese di ricerca sulle strade e i trasporti ha costruito un prototipo di manichino che rappresenti davvero e con precisione il corpo femminile, come racconta nel suo Ted Talk.

Linder si è inoltre attivata affinché l’Unione Europea emani una legge che renda obbligatorio l’utilizzo di manichini con le corrette misure antropometriche. Un tale obbligo in realtà già esiste e lo si trova nell’articolo 8 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in base al quale “Nelle sue azioni l’Unione mira ad eliminare le ineguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra uomini e donne.” Eppure, continuare a progettare veicoli e altri oggetti che non tengono conto delle differenze fisiche e comportamentali di donne e uomini, equivale purtroppo a non promuovere nei fatti tale parità, invisibilizzando le donne ed esponendole in taluni casi, come quello delle auto, a dei seri rischi.