L’UE punta sull’idrogeno verde. Quali sono le sfide che si presentano?

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L’elemento cardine per un futuro sostenibile e a zero emissioni di CO2 sembra essere l’utilizzo dell’Idrogeno (H). Di questo è fermamente convinta l’Unione Europea, la quale l’8 luglio 2020  ha tracciato quale deve essere la strada da seguire (all’interno del comunicato “Powering a climate-neutral economy: An EU Strategy for Energy System Integration”). L’obiettivo principale è arrivare a emissioni zero entro e non oltre il 2050.

Attualmente l’idrogeno presenta alcune sfide. La prima è che l’idrogeno non esiste in natura: per ricavarlo esso va infatti staccato dalle molecole cui è combinato, come nell’acqua e nel metano, attraverso processi industriali che consumano molta energia e richiedono ancora oggi costi signficativi. 

Inoltre, a seconda di come viene sintetizzato esistono tipologie differenti di idrogeno, più o meno impattanti sul clima. Viene definito “grigio” circa il 96% dell’idrogeno oggi prodotto, che può essere lo scarto produttivo di una reazione chimica, oppure essere estratto dal metano (che è formato da idrogeno e carbonio) o da altri idrocarburi. Producendo però 1 kg di idrogeno grigio se ne liberano 9 di CO2. Viene definito idrogeno “blu” quello estratto da idrocarburi fossili dove — a differenza del grigio — l’anidride carbonica che risulta dal processo non viene liberata nell’aria bensì catturata e immagazzinata (ad esempio sotterrata nei giacimenti di gas e petrolio esauriti). L’effetto collaterale di questo “immagazzinamento” è che la CO2 sotterrata diviene liquida, i volumi ottenuti sono enormi e il rischio temuto è quello sismico. Infine c’è l’idrogeno considerato “buono” (e sul quale punta l’UE), che è quello “verde” e viene prodotto dall’elettrolisi dell’acqua, processo che però richiede importanti quantità di energia proveniente da fonti rinnovabili.

Al momento l’idrogeno verde rappresenta soltanto il 4% della produzione mondiale, questo soprattutto perché non si ha sufficiente energia rinnovabile per produrlo e perché il costo, allo stato attuale, non si apre a logiche di mercato sostenibili (dai 4 ai 6 euro per un kg di idrogeno verde, contro l’1,5 di quello grigio e per quello blu). La Commissione Europea però è ottimista e prevede che aumentando la produzione dei macchinari per ottenere idrogeno (elettrolizzatori) andrà a dimezzarsi il costo degli stessi entro il 2030, rendendo l’idrogeno verde competitivo entro il 2040 (2 euro al kg).

Le tappe dell’UE per giungere a tale risoluzione sono
1) l’installazione di 6 gigawatt di elettrolizzatori entro il 2024 per produrre un milione di tonnellate di idrogeno verde;
2) 40 gigawatt di elettrolizzatori e 10 milioni di tonnellate prodotte entro il 2030;
3) entro il 2050 un quarto delle fonti rinnovabili serviranno per la produzione di idrogeno verde.

L’Italia e il governo Draghi hanno stanziato 3,19 miliardi di euro a sostegno della transizione all’idrogeno, per cercare di capovolgere una situazione che vede il nostro Paese indietro rispetto alle aspettative dell’UE: produciamo ancora il 45% dell’elettricità con il gas e ogni anno produciamo soltanto 1 gigawatt di rinnovabile in più, e per arrivare ad avere una produzione di elettricità in eccesso rispetto ai fabbisogni elettrici (e quindi sfruttabile per la produzione di idrogeno verde) occorre costruire reti integrate e intelligenti e aumentare drasticamente la produzione di rinnovabile.  Sul punto, l’Italia era partita bene, ma poi ha rallentato, mentre nel resto del mondo nel 2020 è stato record di crescita per le rinnovabili.

(Fonti:
– https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/idrogeno-verde-contro-co2-recovery-plan-319-miliardi-opportunita-o-grande-ubriacatura/c8140d2c-ab24-11eb-a155-ccb2f12f7395-va.shtml
https://www.ilsole24ore.com/art/verde-blu-grigio-tutte-sfumature-dell-idrogeno-ADBOqa4 )