Si conclude il progetto FAIR sulla radicalizzazione in carcere: conferenza e meeting finale a Roma

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L’11 settembre 2019 si è svolta la conferenza finale del progetto FAIR – Fighting Against Inmates’ Radicalisation nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, presso il Senato della Repubblica a Roma.

La conferenza è stata organizzata dal coordinatore del progetto, la Fondazione Nuovo Villaggio del Fanciullo di Ravenna che, con il sostegno di InEuropa, ha condotto l’implementazione dei due anni di attività assieme a 9 partner europei. Il progetto è stato cofinanziato dal programma Justice e ha affrontato il fenomeno della radicalizzazione che porta all’estremismo violento all’interno del carcere, con l’obiettivo di promuovere la formazione degli operatori che vertono attorno al sistema penitenziario, individuare buone pratiche di deradicalizzazione ed elaborare un programma riabilitativo sperimentale per i soggetti vulnerabili. L’obiettivo finale è stato quello di valutare la fattibilità di un modello di detenzione alternativa al carcere specifico per un lavoro individuale e di gruppo mirato ai detenuti a rischio.

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La conferenza, introdotta dalla Vicepresidente del Senato Anna Rossomando, ha visto susseguirsi interventi di giornalisti, magistrati, criminologi, professori e altri rappresentanti del settore di fronte a un pubblico composto dalle delegazioni di tutti i paesi coinvolti nel progetto.  In ricordo delle vittime del terrorismo, vista anche la data simbolica in cui la conferenza si è svolta, sono inoltre intervenute Debora Bornazzini, figlia di Domenico Bornazzini ucciso dai militanti di Prima Linea nel 1978 e Valeria Collina, madre di Youssef Zaghba, uno degli attentatori al London Bridge nel 2017.

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Solo in Italia, il progetto ha portato all’attivazione di diversi moduli di formazione per oltre 150 operatori che lavorano con i detenuti. Guide spirituali, psicologi, garanti dei detenuti, volontari e operatori socio-assistenziali si sono confrontati con esperti, ricercatori e testimoni per valutare politiche e pratiche che cercano di integrare l’approccio resiliente a quello securitario predominante tra le forze dell’ordine. Inoltre, sono stati condotti cicli di incontri con gruppi di giovani detenuti che hanno permesso loro di rielaborare la propria storia personale per recuperare la propria identità più profonda in vista di un futuro rilascio e ritorno in società.

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Il 10 settembre, invece, i partner si sono riuniti per il meeting interno finale per discutere la chiusura degli ultimi prodotti del progetto: lo studio di fattibilità su un centro per la detenzione alternativa al carcere e la firma di accordi istituzionali in ogni paese per sostenere lo sfruttamento dei risultati del progetto anche oltre il termine dello stesso.

img_20190910_160841img_20190910_160846img_20190910_222520-1_copiaIl progetto è stato denso di sfide e complessità risolte con grande professionalità e competenza grazie al contributo di tutti i 10 partner, che hanno cercato un terreno comune su cui lavorare al di là delle profonde differenze nei sistemi penitenziari nazionali in virtù di obiettivi che accomunano tutti: la sicurezza e l’inclusione.